Tu, Dio. Tu mio.

Coincidenze.
Nel fine settimana risistemando vecchi libri sugli scaffali mi sono imbattutto in una Bibbia a fumetti dal titolo "La più grande storia mai raccontata" lontanissimo dono catechistico della mia infanzia. Ieri sera poi, ho avuto modo di seguire l'intervista televisiva a Erri De Luca, non credente col "vizio" della frequentazione biblica; stamattina infine trovo nel quasi blog dell'intranet lavorativa una serie di interventi nei quali si scontrano le diverse sensibilità del credente e di chi vi si oppone, ai quali lo scrittore napoletano sembra aver risposto anzitempo.


Premesso che ora mi riconosco in quel suo dichiararsi "non credente" e non ateo, mi piace il suo rapporto con quelle che per alcuni, anzi per molti, sono sacre scritture. C'è il rispetto mai scisso dal dubbio, la ricerca di significato non accecata dal dogma, la strenua lotta per umanizzare una storia che altri vorrebbero prettamente divina. Una sensibilità che permea la sua intera opera letteraria.

Un concetto ben espresso dalla prefazione a UNA NUVOLA COME TAPPETO, dove De Luca dice :
"Studio l’ebraico, leggo la Bibbia. Alcune pagine, alcune parole mi hanno rivelato qualcosa della loro verità e mi hanno istigato a darne notizia. Non ho adattato il testo ad una interpretazione, ne sono stato invece piegato. Per accogliere una rivelazione, grande o piccola che sia, basta a volte essere docili, termine che indicava in origine la disponibilità a farsi istruire. La Bibbia è almeno una letteratura e il Dio di Israele è se non altro il più grande personaggio letterario dei tempi... Per molti la Bibbia è un testo sacro. Ma mi commuove più di quel valore in sé, il sacro aggiunto, l’opera degli innumerevoli lettori, commentatori, sapienti che hanno dedicato a quel libro il tempo migliore della loro vita. Il sacro in sé della Bibbia è diventato, attraverso di loro, una civiltà. Dio è autore della Bibbia e suo protagonista. In letteratura questa coincidenza si chiama autobiografia. Quel testo ne è la forma insuperata. ... L’intenzione che invece muove queste pagine incommensurabilmente minori è del tutto diversa. La Bibbia è qui intesa alla lettera. Seguire il solco dei suoi innumerevoli commentatori, aggiungendo qualcosa che essa conteneva, ma che non era stato ancora espresso: qui sta l’ambizione di queste pagine.
Per lo scrittore napoletano «bisogna restare appiccicati al loro significato letterale. Ad esempio, - secondo le traduzioni la divinità avrebbe detto ad Eva “partorirai con dolore”. Ebbene» – si infervora De Luca – «quella parola in ebraico non è “dolore” perché, nelle altre cinque parti dove compare, le stesse traduzioni ufficiali la traducono in un altro modo. Lì invece vogliono metterci l’intenzione della divinità di punire la donna».



Un rispettoso rigore non nuovo in chi all'atto della pubblicazione della propria traduzione dell'Ecclesiaste affermava "Traducendo libri dell' Antico Testamento con estremismo letterario ho avuto il concreto timore, da non credente, di far torto alle persone di fede con qualche espressione ruvida e anche brutale della lingua originale. Questo non e' accaduto e io devo alle persone di fede la piu' generosa accoglienza delle mie traduzioni.


Non è forse sulla conoscenza e sul rispetto del diverso da sè che si può fondare l'unica possibilità di un profilico e non sterile confronto su sacro e profano?

E non sarà forse un giorno lieto per l'umanità quello in cui il credente potrà indagare e discutere il divino, come fa con il legame umano per un vecchio amico d'infanzia?

A quando quel fatidico Tu, Dio?

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