I sette vizi di Giobbe


Due schermi che mostrano le fiamme dell'inferno e un diavolo bonario e panciutello, un sedicente diavolo di terza categoria, un povero diavolo.
E' uno dei momenti iniziali della performance di Giobbe Covatta nel suo nuovo spettacolo: SEVEN. Sette come i vizi capitali, che l'attore campano ha portato in scena al Teatro Comunale di Todi nel suo nuovo Tour.
Un diavolo molto più tollerante e ragionevole dell' iroso Creatore di cui Adamo ed Eva rimangono vittime, che c'introduce gradualmente nella descrizione veloce ed esilarante dei difetti tipici della nostra umana modernità. Delle sue contraddizioni e mutazioni. Così, indicibili espressioni lussuriose vengono mortificate dalla incomunicabilità tra uomo e donna. Anziani che non si rassegnano al passare del tempo, invidiosi dell'altrui gioventù spendono fortune in improbabili e costosi "restauri" del proprio corpo. La superbia tradotta nel pensiero razzista della considerazione gerarchica delle razze. L'avarizia e l'ingordigia del mondo ricco che consuma e mangia in eccesso, ammalandosi anche per questo, mentre nel resto del mondo a milioni si muore ogni anno di fame.
Tra un intermezzo musicale e una citazione dantesca, si ride molto, spesso in modo troppo facile. Eppure si ha a tratti la sensazione che sia un riso amaro.
E quando nel finale, le pagine di un elenco telefonico scorrono sotto le mani del comico napoletano veloci e leggere, a simboleggiare i circa trentamila morti per fame giornalieri, solo un leggero fruscio si può udire nel silenzio attonito del teatro, prima dell'assolutorio applauso finale.

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