Badia al Pino, Nassiriya: stessa ora canali diversi.


Settimana strana, settimana di commemorazioni e nuovi lutti, di fiaccolate e di barricate.

Di parole che santificano i caduti sul lavoro di Nassiriya. E di altre parole che odiano, e rendono nemico da eliminare carabinieri e polizia.
Teste rasate, parole clonate.


E se le parole dell'intolleranza sono spesso contraddittorie, con la benedizione religiosa in diretta televisiva tutto può accadere. Anche che nessuno noti la nota stridente.

E' la moderna dimensione della morte in diretta, la catarsi collettiva che annulla qualsiasi capacità critica e razionale.

E fa scomparire le responsabilità e lo stato di diritto.

Allora il funerale di un giovane si trasforma in una curva di ultras deliranti inni calcistici in memoria del solo tifoso.

Uno zapping televisivo, e la morte prevedibile di alcuni soldati, vittime di un'azione di guerriglia in uno scenario di guerra, diventa "martirio" e giustifica fiaccolate in onore degli "eroi".

E a coprire bare e a fare da cornice ovunque i colori delle bandiere, gli inni e l'abusata parola onore.
Parole, parole, parole. Fiumi di parole che lavano coscienze.

Che ne richiamano altre in una sorta di omeopatia culturale.
Quelle di un poeta : “Recita bene la tua parte, in questo consiste l'onore”.

Fiaccolate, cortei e richieste di giustizia che non ci sono state e non ci sono per i quotidiani morti sul lavoro.

O per le vittime della repressione al G8 di Genova, per l'uccisione di ragazzi come Federico Aldrovandi o di uomini come Aldo Bianzino.
E nemmeno per un onesto funzionario di stato come Nicola Calipari.

Quando sostituiremo i gratuiti applausi ad una bara con il silenzioso e puntuale ascolto di una giusta sentenza?



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